COOPERAZIONE MISSIONARIA
Con lo stile di Paolo
L'annuncio del Vangelo nel terzo millennio
"Rileggere la vicenda di San Paolo per capire, a partire dalla sua figura e dalle comunità da lui fondate, se c'è un particolare stile di evangelizzazione che può offrire suggerimenti utili e attuali ancora oggi". Questo, spiega al SIR don Gianni Cesena, direttore dell'Ufficio Cei per la cooperazione missionaria tra le Chiese, l'obiettivo principale della sesta Settimana nazionale di formazione e spiritualità missionaria, in corso ad Assisi sul tema: "Lo stile di evangelizzazione delle prime comunità cristiane". Sullo sfondo del convegno, a cui partecipano 120 sacerdoti e operatori pastorali in rappresentanza di tutte le Regioni italiane, il Sinodo dei vescovi del prossimo ottobre, dedicato alla Parola di Dio, tema su cui si è svolta la Settimana missionaria dell'anno scorso. Da Gerusalemme ad Antiochia, all'Asia Minore, alla Grecia, fino a Roma: quello paolino, prosegue don Cesena, "più che essere un itinerario semplicemente geografico, è un itinerario culturale e antropologico". Ciò dimostra che, oggi come allora, "la missione è un andare «alle genti» là dove sono, dove l'uomo cioè attende - più o meno consapevolmente - l'annuncio del Vangelo".
Prima l'inculturazione. Tra gli "spunti" di attualità dello "stile di evangelizzazione" di San Paolo, la centralità dell'inculturazione: "La missionarietà - spiega don Cesena - comporta non solo il parlare nelle lingue delle genti, ma l'entrare nella loro. L'annuncio del Vangelo è un annuncio preciso di salvezza, concentrato sulla Resurrezione, ma che va detto, celebrato, vissuto nelle culture degli altri popoli". A partire, però, dalla consapevolezza che "la buona notizia interpella la libertà dell'uomo: se fosse solo imposta, non funzionerebbe". È la logica dello "scambio di doni", in virtù della quale "la missione non è solo un dono che viene fatto dai missionari: quella del missionario è una conversione continua, in cui il missionario stesso viene arricchito dalla relazione che tale scambio stabilisce. Anche chi annuncia, in altre parole, viene a sua volta arricchito da nuove modalità di annuncio".
Il "libro" delle missioni. Mettere insieme un "libro di testimonianze missionarie" che vengono dalla missione "ad gentes". È una delle proposte emerse nel corso del convegno. Ce ne parla suor Gemma Dispenza, delle sorelle francescane del Vangelo, responsabile di uno dei "laboratori" che hanno scandito i lavori, attraverso uno scambio di esperienze tra i partecipanti. "Sarebbe un modo - spiega la religiosa - di riaprire il libro delle missioni, e farlo circolare nelle parrocchie per riportare a tutti l'universalità dell'annuncio evangelico". Ma la missionarietà è fatta anche di annuncio nei "luoghi di ritrovo" della gente comune, sottolinea suor Gemma, auspicando la presenza di missionari anche in luoghi finora insoliti per tale ambito pastorale, come palestre o bar. Senza dimenticare gli "altri poveri", che "sono i ricchi: anche a loro bisogna arrivare". Tra i racconti di missione ascoltati ad Assisi, suor Gemma cita quello di un sacerdote italiano in missione in America Latina, che ogni giovedì condivideva l'Eucaristia con "gli abitanti della strada" - i barboni - e ci parla della sua esperienza a Prato, dove lei e le sue consorelle, insieme con i frati minori lavorano già da due anni con la folta comunità cinese: "Ci sono anche alcuni battezzati cattolici cinesi, e molti ci chiedono di aiutare ad approfondire la loro fede".
La "famiglia" missionaria. Claudio Bachetti, con sua moglie e i suoi tre figli, è rientrato da un anno e mezzo nella sua diocesi, Ascoli Piceno, dopo un'esperienza missionaria di sei anni, in Mozambico. "L'idea è nata quando io e mia moglie eravamo fidanzati", ci rivela: "Avevamo un lavoro, andava tutto bene, eravamo felici secondo la logica del mondo. Ma siamo entrati in crisi perché non eravamo soddisfatti: così, ci siamo ricordati di essere stati veramente felici solo quando abbiamo fatto qualcosa per gli altri". Attraverso il centro missionario diocesano, Claudio è approdato a Piombino, al Centro di fraternità missionaria, costituito da sacerdoti, laici, suore, tutti insieme in missione. Tre anni e mezzo di formazione e poi Maputo, la capitale del Mozambico: 6 anni in una parrocchia di campagna, "in puro stile di fraternità missionaria, fatto di condivisione dei beni, corresponsabilità nella gestione della parrocchia, vita in uno stile semplice e sobrio, senza luce, telefono, con l'acqua fuori, mentre imparavamo la lingua locale". Da un anno e mezzo, la famiglia Bachetti - partita con una bambina, e tornata con tre figli - ha fatto della "missione" un "lavoro": grazie al Centro missionario diocesano e alla loro parrocchia di Ascoli Piceno, ora hanno fondato un'associazione no profit che diffonde nelle scuole e nelle parrocchie percorsi di educazione alla mondialità per ragazzi ed adulti, utilizzando la "metodologia partecipativa" appresa in Mozambico. Cosa è cambiato? "Lo sguardo", risponde Claudio: "Abbiamo imparato a vedere con occhi diversi la realtà, ad andare più in profondità per cercare le cause e le soluzioni, ma anche per essere grati delle ricchezze e dei segni dello Spirito. Non avremmo potuto fare tutto questo, senza il sostegno della nostra comunità", conclude spiegando il senso della "fraternità missionaria".
Fonte: SIR ITALIA
A CURA DI M.MICHELA NICOLAIS