UFFICIO NAZIONALE PER LA COOPERAZIONE MISSIONARIA TRA LE CHIESE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

MESSAGGIO FINALE Kenya

Chiesa keniana e Chiesa italiana in dialogo: incontro dei missionari italiani
28 Ottobre 2008
Conferenza Episcopale Italiana 
Conferenza Episcopale del Kenya
 
 
E stato bello ritrovarci insieme, missionari italiani in Kenya e rappresentanti delle Chiese italiana e keniana. Dal 16 al 19 febbraio 2004, presso il centro di spiritualità delle suore Dimesse in Karen (Nairobi), siamo stati in 170 a confrontarci sul cammino missionario a servizio delle comunità ecclesiali che ci hanno inviato ed accolto. Al centro dei nostri lavori abbiamo posto l’ascolto della Parola e ci siamo lasciati stupire ed appassionare dal soffio dello Spirito che ci ha condotto a rivisitare le nostre storie personali dentro la storia della nostra gente.
Ci siamo sentiti riconfermati nella chiamata gratuita di Gesù: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16). Riconosciamo però che presi dalle tante cose da fare non sempre siamo riusciti a “stare con Lui” (Mc 3,14), né abbiamo avuto la pazienza dell’ascolto e neppure abbiamo valorizzato le ricche realtà culturali in cui abbiamo trovato cordiale accoglienza. Siamo comunque gioiosi testimoni della fedeltà con cui Dio ha benedetto il nostro servizio.
Da quando nel 1902 i primi missionari della Consolata dettero inizio all’impegno missionario della Chiesa italiana in questi territori, guidati dal carisma ad gentes, tanti altri Istituti, sacerdoti Fidei Donum e volontari laici, hanno successivamente offerto un valido contributo. La Chiesa in Kenya è così cresciuta fino a contare oggi 24 diocesi, un vicariato apostolico, 33 vescovi (di cui 21 locali), 700 sacerdoti secolari, molti religiosi e religiose, numerosi catechisti e diversi laici impegnati nell’apostolato sociale. Constatiamo con soddisfazione che queste giovani comunità stanno maturando a loro volta specifici servizi missionari, anche in ordine alla missione ad gentes.
Non per questo è venuto meno il bisogno di missionari esteri, anzi se ne constata più urgente la presenza e il servizio di universalità. In modo particolare a noi missionari la Chiesa che ci accoglie chiede oggi di impegnarci su alcune mete che ne favoriscano il consolidamento: la formazione degli operatori pastorali, il servizio di annuncio e promozione umana nelle più ardue zone di frontiera, la promozione di vocazioni in conformità al nostro carisma ma anche per la Chiesa locale, l’autosufficienza delle diverse diocesi e la promozione della loro identità missionaria. Obiettivi raggiungibili se sapremo dare priorità al nostro inserimento nella Chiesa locale, privilegiando l’essere con al lavorare per.
In un Paese che per molti italiani rappresenta solo una meta turistica, abbiamo scelto di condividere gioie e speranze di tanti impoveriti. Ci piace confermare il nostro impegno attingendo dalla cultura e dalla lingua swahili.
Shikamò, “Io ti rispetto”. L’adulto può ricevere questo saluto dei piccoli che gli pongono la mano sul capo solo abbassandosi davanti a loro. Vogliamo imparare anche noi a farci piccoli accanto ai tanti “piccoli” che ci sono entrati nel cuore, avvicinandoci loro con stupore, ricevendo e donando “grazia”.
Nyumbani, “prendere casa in questa storia”: che è pur sempre storia di Dio, trovando nella preghiera la forza per non sfuggire alle tante sofferenze che ci circondano e rimanendo senza paura accanto a chi le subisce.
Karibu, “prossimità”: con questa gente e in questa cultura, ferite dall’esclusione e dai conflitti della globalizzazione. Consapevoli che la denuncia di situazioni d’ingiustizia e d’oppressione è anch’essa annuncio salvifico, ci impegniamo ad essere sentinelle dei diritti umani, evitando il rischio di costruire solo assistenza.
Harambee, “mettere insieme le forze”: scelta evangelica contro corrente per costruire piccole comunità cristiane, compagne di viaggio dei poveri, valorizzati come soggetto e non considerati problema.
Alla Chiesa italiana che ci ha inviato, mentre esprimiamo riconoscenza per il sostegno costante, chiediamo di poter incrementare la propria collaborazione in più modi: valorizzando tutti i carismi per la missione di cui dispone; dando continuità al servizio dei Fidei Donum e dei laici missionari; prendendosi a cuore il sostegno alla formazione in loco del clero e dei/delle religiosi/e keniani; favorendo la nascita di rapporti di comunione tra parrocchie e diocesi delle due Chiese; promuovendo nei mass media i tanti elementi positivi della vita africana. D’altra parte l’esperienza della Chiesa del Kenya può contribuire al cammino di conversione pastorale che vede impegnate le comunità ecclesiali in Italia con diverse indicazioni: centralità dell’esperienza di Dio; valorizzazione del laicato; sviluppo della ministerialità; stile di sobrietà nei percorsi formativi; necessità del legame tra Vangelo e cultura; entusiasmo e coraggio contro stanchezze e pessimismi.
Tuko Pamoja, “essere insieme”. E’ così che desideriamo guardare al cammino missionario delle nostre Chiese. I popoli nomadi del Kenya ci insegnano ad essere itineranti: camminano e camminano raccogliendo frammenti, sapendo che mettendoli insieme nascerà qualcosa. Esserci in prima persona, ed esserci per gli altri, è ciò che darà sempre valore alla nostra vita missionaria, che affidiamo con fiducia alla materna protezione della Madonna della pace di Subukia.
 
Karen (Nairobi), 19 febbraio 2004 i missionari e le missionarie presenti all’incontro